Berlino — Per Huawei l’era dell’intelligenza artificiale direttamente sullo smartphone arriva prima degli altri, e chissà che non possa aiutare il produttore cinese a tenere il secondo posto nella classifica di vendite appena conquistato a spese di Apple. Nel corso di una confereza tenutasi nella cornice dell’IFA, il numero uno del gruppo cinese Richard Yu ha svelato infatti tutti i dettagli del suo processore Kirin 970, il primo con una unità di elaborazione dedicata a questo tipo di algoritmi, che sarà impiegato su Huawei Mate 10, il phablet di punta della società che verrà presentato il 16 ottobre a Monaco.
Ma andiamo con ordine: Kirin 970 è la risposta del colosso cinese ai modelli Snapdragon 835 ed Exynos 8895 ideati rispettivamente da Qualcomm e Samsung, in commercio da qualche mese e realizzati con processo produttivo a 10 nanometri. Anche l’ultimo SoC di Huawei è stato costruito in questo modo e dal punto di vista delle prestazioni non dovrebbe avere niente da invidiare ai concorrenti. La differenza sostanziale rispetto alle alternative statunitense e coreana però è un’altra: al pacchetto di processori presenti, che tipicamente comprende l’unità di elaborazione centrale e una dedicata alla grafica, il colosso di Shenzhen ha aggiunto una NPU, una neural processing unit, che dovrebbe velocizzare tutti i calcoli matematici richiesti da applicazioni come riconoscimento vocale, analisi delle immagini e tutto quanto concerne il machine learning.
Kirin 970 non potrà fare cose radicalmente diverse da quelle già possibili sui chip della concorrenza, ma potrà fare le più complesse in modo decisamente più veloce ed efficiente. Quando un normale smartphone si trova davanti ad algoritmi di intelligenza artificiale ha infatti due opzioni per portarli a termine: tentare di eseguire i calcoli da solo affidandoli alla CPU o alla GPU (che però hanno già altro per la testa), oppure affidarli ai potenti server di un servizio cloud. I telefoni con Kirin 970 a bordo prevederanno un’altra possibilità: lasciare la patata bollente al chip costruito apposta, facendo risparmiare energie agli altri processori e tempo prezioso all’app. In questo modo i dati da elaborare restano tutti a bordo del telefono dove vengono gestiti senza ritardi percepibili e, dal momento che non finiscono da nessuna parte, senza scendere a compromessi sulla loro privacy.
La NPU a bordo del chip può aiutare nelle operazioni di traduzione simultanea, riconoscere gli oggetti inquadrati dalla fotocamera per applicare loro modifiche in tempo reale e migliorare gli scatti, rispondere a comandi vocali complessi anche senza connessione a Internet, analizzare il comportamento delle app e ottimizzarne l’esecuzione per aumentare la durata della batteria e potenzialmente fare tanto altro ancora, ma sta agli sviluppatori delle singole app decidere dove indirizzare i relativi calcoli. Per questo la piattaforma è realizzata in modo che questi soggetti esterni possano trarne vantaggio per velocizzare i loro software intelligenti: la speranza di Huawei è ovviamente che si convincano da subito in molto a farlo, rendendo così i telefoni con processore Kirin 970 qualcosa di unico e ambito dai consumatori finali prima che anche altri costruttori abbiano il tempo di adeguarsi realizzando qualcosa di simile su processori destinati a telefoni più diffusi o meno costosi.
Huawei insomma inaugura un’era di smartphone più intelligenti, e lo fa con la speranza di riuscire a mantenere un vantaggio su avversari feroci già all’inseguimento. Il risultato di questa gara non è facile da prevedere e lo conosceremo più in là nel tempo. Nel frattempo l’appuntamento è a Monaco tra poco più di un mese, per sapere cosa sa fare questo Kirin 970 a bordo di Huawei Mate 10.
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