Un milione e 400 mila euro è il risarcimento che il ministero della Salute dovrà dare agli eredi di una donna di Agrigento che ha contratto l'epatite C dopo una trasfusione da sangue infetto.Era il 1989 quando la donna, all'età di 47 anni, è stata ricoverata in un ospedale di Firenze. Sottoposta a una trasfusione di sangue infetto ha contratto l'epatite C. Negli anni le sue condizioni si sono aggravate anche a causa della comparsa di un tumore al fegato che nel 2008 ne ha determinato la morte.Nel 2012 il tribunale di Palermo aveva accolto le richieste degli avvocati Angelo Ferruggia e Annalisa Russello condannando il ministero a risarcire la somma complessiva di un milione e quattrocentomila euro: 700 mila euro circa per ognuna delle due giovani figlie. Il ministero è stato ritenuto responsabile"di avere favorito, con l'omissione dei controlli già all'epoca previsti dalla legge in materia di raccolta, distribuzione e somministrazione di sangue, che in grosse quantità veniva importato da paesi come l'Asia e l'Africa, ad alto rischio patogeno, una vera e propria epidemia colposa per la diffusione del virus dell'epatite C".Ora lo Stato, secondo la sentenza di primo grado, è tenuto a pagare"poiché ha violato il dovere istituzionale di controllo nell'attività di raccolta, distribuzione e somministrazione di sangue. Controlli, che se effettuati, con probabilità avrebbe impedito il contagio".