Toronto – È l’ultimo a uscire dalle fogne. Il regista argentino Andrés (Andy) Muschietti si fa largo tra la troupe di It – al debutto in questi giorni nelle sale americane, in Italia il 19 ottobre distribuito da Warner Bros – e accoglie Wired Italia su uno dei set più blindati, e sinistri, dell’anno. La produzione ha trasformato i Pinewood Studios nel quartiere infestato di Derry: ci sono la megadiscarica dove il clown Pennywise (Bill Skarsgård) porta le sue vittime, tutta ornata di frattaglie, bambole e teschi; un labirinto di fognature putride coi cadaveri di bambini e walkman che galleggiano, e la casa abbandonata del mostro, un rudere vittoriano che sembra il pop-up marcescente dell’album da disegno di Tim Burton.
Dall’anno di uscita in libreria (1986) alla miniserie con Tim Curry (1990), il sangue rosso vermiglio sull’impermeabile di Georgie continua a far paura. Il romanzo lo ha scritto l’operaio specializzato in brividi e adolescenza, Stephen King, e ha segnato per sempre il destino dei pagliacci nel mondo: “I clown sono incavolati con me”, ha twittato lo scrittore. “La maggior parte di loro è illustre. Ma i bambini sono sempre stati terrorizzati dai clown. Ambasciator non porta pena”.
Muschietti (autore de La madre, finanziato da Guillermo del Toro) si siede accanto a noi davanti al monitor e riguarda la scena d’apertura del film. “Sarà atroce e sanguinolenta, proprio come l’ha scritta King”, dichiara. Una barchetta di carta di giornale beccheggia, s’inclina, si raddrizza e prosegue per la sua rotta. Un bambino con l’impermeabile giallo (Georgie) la rincorre sotto un’alluvione, finché la nave precipita in uno scarico lungo il marciapiede. A raccoglierla è un essere informe che vive nelle fogne, una creatura affamata di carni di bambino, con un nome da circo: Pennywise, il Pagliaccio ballerino. “Una tempesta mi ha spazzato via” dice. “Ha spazzato via tutto il circo”. E prosegue minaccioso: “Vuoi la tua barchetta, Georgie? E un palloncino? Volano. E quando sarai quaggiù con me, tu galleggerai…”.
Muschietti, può un horror fare ancora il botto al box office?
“Non so predire le direzione del mercato. Anzi, sono un vero incosciente, perché It sarà diviso in due volumi, come Kill Bill. La prima parte vede al centro alcuni ragazzini della città di Derry e i loro incubi peggiori prender vita, la seconda li segue nell’esistenza adulta, con gli stessi spettri del passato. Il clown Pennywise esercita un grosso potere sulla loro immaginazione: li perseguita, li mette alla prova, in particolar modo insegue Bill, fratello balbuziente di Georgie: aveva costruito una barchetta con la paraffina per il fratellino e il clown gli ha staccato di netto un braccio. Ora Bill cerca vendetta, riunendo i suoi amici nella caccia al mostro, sotto la sua casa-discarica, dove porta i resti dei bambini”.
Che cosa rappresenta It per lei?
“Un sogno, sia per me che per mia sorella Barbara, produttrice creativa. È un romanzo di formazione stile Lovecraft in cui convergono realtà e fiction. Con serie di successo come Stranger Things lo studio ha subito puntato su un cast giovanissimo: Sophia Lillis interpreta la risoluta Beverly Marsh, esperta in tiro con la fionda, Jaeden Lieberher è Bill Denbrough, fondatore del Club dei Perdenti, Jack Dylan Grazer è Eddie Kaspbrak, mente iperscientifica, soggetto ad attacchi d’asma, Chosen Jacobs è Mike Hanlon, l’unico afroamericano del gruppo, soprannominato Lucky Seven, Wyatt Oleff è Stan Uris, scettico sull’esistenza di Pennywise, e Jeremy Ray Taylor fa la parte del ragazzo incompreso, taglia XXL, Ben Hanscom. Età media: 13 anni. Ognuno di loro ha un mostro interiore ed esteriore da combattere: il film è un dramma con elementi orrorifici”.
E la supervisione di King?
“Stephen King preferisce fare lo scrittore, occuparsi di libri e non di cinema; dopo il coinvolgimento iniziale di Cary Fukunaga ha preferito lasciare a noi le redini. Il nostro intento è sempre stato quello di onorare il libro originale e tornare ai fasti di Et o Explorers. Vietati ai minori, però. La creatura che prende le sembianze di un clown è solo metafora delle paure dei ragazzi. Rispetto al libro, gli incubi dei bambini diventano più intimi e complessi; abbiamo reso omaggio a licantropi e mummie, che comparivano nelle pagine del romanzo come paure primordiali, ma siamo andati ben oltre e radicato quella sfera a qualcosa di più realistico, meno anni Ottanta. Le violenze domestiche fanno molta più paura di uno spaventapasseri, ecco”.
Un autore argentino che cosa porta in più di un americano, al cinema?
“La paura. Ci convivo dall’infanzia, per ragioni personali, sociali, politiche”.
È la stessa risposta che ci ha dato del Toro, suo padrino artistico. Una coincidenza?
“Guillermo mente. Mi ha fregato la citazione [ride]”.
Bill Skarsgård (26 anni, svedese) è Pennywise.
“L’ho appena immerso in acqua 27 volte, tanti sono i ciak a cui si sottopone per una sola scena in uno scantinato. Dovrà tornare a galla con delle lenti giallo-rosso in una delle sequenze più spaventose del film: il piccolo Bill si trova faccia a faccia con il fratellino morto. Georgie lo invita a rimanere là sotto e a galleggiare insieme a lui. Lo ripete come un disco rotto fino a quando non compare Pennywise che gli scaglia addosso il corpicino esanime di Georgie e con un urlo disumano lo rincorre. Skarsgård ha praticamente sempre tonnellate di trucco che gli colano sul viso, un costume da clown che richiama le stoffe del fashion designer spagnolo Mariano Fortuny y Madrazo e un colletto elisabettiano. All’inizio lo studio aveva pensato di dare il ruolo di Pennywise a una donna, ma quando ho visto il suo provino mi sono reso conto che era il clown che cercavo. Lo abbiamo preso per la fisionomia da bambino cattivo e perché, al casting, non ha tentato di dare umanità a Pennywise. È un animale, un assassino. Anche sul set ho tenuto i bambini alla larga da Bill”.
Lo scenografo Claude Paré ha lavorato con Scorsese in The Aviator e per It ha ricostruito l’intera casa degli orrori di Pennywise.
“Sì, ha usato tre location – Oshawa (Ontario), Toronto e Hamilton (Ohio) – con un occhio al sotterraneo, in cui si svolge la metà del film: la casa del mostro è sopravvissuta a un tornado in Ontario, quindi posso dire che è stata ben progettata da Paré. Somiglia a un manicomio vittoriano vintage, composto di melma e migliaia di ritagli di giornale al posto delle finestre. La crew ha costruito poi una torre di mattoncini che collega, attraverso una cisterna e un tunnel, la casa con la discarica dove abita il clown. Credo che i Pinewood Studios non abbiano mai visto scorrere tanta acqua, e tanto sangue, prima d’ora su un set. Nelle fogne potrete ammirare anche una montagna di cadaveri alta 25 metri, grazie all’uso della computer graphic. Derry è un quartiere quasi medievale della working class, delle fabbriche. Rappresenta l’incubo di chi vive in povertà, in mezzo alla violenza, e cerca, sin da ragazzo, di liberarsi dal male con il potere della fantasia”.
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