La Corte di giustizia europea ha affrontato il caso di Giorgio Fidenato, agricoltore perseguito per legge dalla Guardia forestale e condannato a pagare 16mila euro perché, nel 2014, ha coltivato mais ogm, non osservando un decreto ministeriale emanato l’anno precedente che vietava tale pratica.
Un decreto che secondo i giudici lussemburghesi non ha modo di esistere perché gli ogm possono essere banditi solo se c’è la prova che sono dannosi per l’uomo, gli animali o l’ambiente. A rafforzare la posizione della Corte europea anche la direttiva che ribadisce questo concetto, firmata nel 2015 da 17 Stati tra i quali figura anche l’Italia.
Il principio di precauzione è stato quindi rigettato, cassando di fatto la norma italiana del 2013. Giorgio Fidenato ha suscitato le ire degli schieramenti no-ogm che avevano devastato i suoi campi.
Al di là dell’apprezzamento dei singoli nei confronti delle colture geneticamente modificate, il divieto imposto dall’Italia nel 2013 risulta inutile a prescindere dalla sentenza della Corte di giustizia Ue. Già nel 1998 l’americana Pioneer aveva incassato l’ok europeo per la commercializzazione e in seguito la coltivazione di 17 varietà di mais ogm e a nulla sono valse le ingerenze dell’allora ministero delle Politiche agricole, anche perché prive di motivazioni scientifiche che devono essere avallate dall’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa) che ha sede proprio in Italia, a Parma.
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