Sebastian Gabor sul palco di Next Visionaries
Sebastian Gabor sul palco di Next Visionaries

Francoforte – Per costruire il futuro della mobilità non basta mettere insieme motori elettrici, intelligenze artificiali per la guida autonoma, smart cities. Non è insomma sufficiente – e spesso è addirittura sbagliato – riempire di tecnologia il mondo che già conosciamo, digitalizzare tutto il possibile. Quello che serve prima di tutto è una visione d’insieme, un sistema strutturato di idee innovative che, come in un puzzle, vadano a comporre la visione del mondo che vogliamo e che dobbiamo costruire, agendo insieme come una comunità globale.

È questo, in sintesi, il messaggio alla base di Next Visionaries, l’iniziativa messa in piedi dal colosso automotive BMW in collaborazione con TED, l’organizzazione no-profit che produce conferenze per “diffondere idee di valore”. Siamo a Francoforte, nei giorni del Salone dell’Automobile edizione 2017. Lo stand BMW, immenso, ospita decine di automobili tirate a lucido (tra cui alcune anteprime mondiali, come le nuove X3 e Z4). Nell’arena dedicata agli spettacoli e ai talk, una produzione che farebbe invidia a X-Factor mette in scena lo show che ruota intorno a sei “pitch”, sei presentazioni da tre minuti ciascuna, per altrettante visioni sul futuro della mobilità.

Gli interventi sono divisi in tre gruppi per altrettanti macro argomenti, ovvero Tecnologia, Ecologia, Impatto Sociale della mobilità. Ogni gruppo di speaker è supervisionato da un tutor, che apre i talk con una introduzione e modera il breve panel di approfondimento. L’intero evento, che si chiude con la premiazione del vincitore del contest, è condotto da Bruno Giussani, curatore internazionale per le conferenze del TED. In ballo c’è la possibilità di tenere un talk di durata standard (tra 12 e 20 minuti) sull’autorevole palco del prossimo TED.

La Call for Ideas per Next Visionaries risale all’aprile scorso. Nei pochi mesi trascorsi il progetto ha registrato 200 proposte tra le quali una giuria ha selezionato le sei in scena allo stand “BMW i”, la divisione elettrica della casa tedesca. Gli oratori portano in dote competenze anche molto diverse tra loro, e sebbene tre minuti di intervento non possono certo essere sufficienti per esaurire temi tanto complessi, non sono mancate le suggestioni interessanti.

Bruno Giussani mentre segue uno dei pitch
Bruno Giussani mentre segue uno dei pitch

Stiamo creando una nuova specie”, afferma ad esempio il guru americano dell’innovazione Jeremiah Owyang quando descrive le caratteristiche della futura auto autonoma. Questa sarà capace di guidarsi da sola, sì, ma anche di guadagnare denaro rendendosi disponibile per il car sharing quando è inutilizzata, di ricaricarsi quando necessario, di programmare interventi di manutenzione, e sarà persino capace di “riprodursi”, nel senso che capirà autonomamente quando servono più posti e quindi è necessario allargare la flotta, per esempio ordinando nuove auto.

Interessanti, oltre che condivisibili, anche i punti di vista di Sebastian Gabor e Aarjav Trivedi: il primo vede l’automobile del futuro come un sistema sempre connesso che sa tutto di noi e che, quindi, usa queste informazioni per tenerci aggiornati, organizzare la nostra vita e il lavoro, intrattenerci. Per Trivedi, invece, muoversi in futuro significherà poter scegliere di volta in volta tra auto molto diverse tra loro, progettate per scopi specifici come dormire, ospitare amici per un parti, mangiare o ancora lavorare mentre ci si sposta. Un’automobile diversa per ogni occasione.

Bella e forse anche più concreta la proposta di Ira Munn: nato negli USA, Munn ora vive in Nuova Zelanda dove ha concepito “Drop”, una microcar elettrica a tre ruote che non si acquisterà negli autosaloni, ma si comprerà in kit di montaggio da assemblare a casa propria, a un prezzo che nelle sue intenzioni dovrebbe assestarsi intorno ai diecimila dollari. Due le altre caratteristiche fuori del comune di questo progetto: la prima è che le componenti della microcar verranno prodotte in plastica grazie a stampanti 3D, mentre la seconda, forse anche più importante, è che il PVT necessario dovrebbe essere recuperato dagli oceani, ormai invasi dalla plastica.

Ira Munn (al centro) parla della Microcar "Drop"
Ira Munn (al centro) parla della Microcar “Drop”

Alla fine, il contest  è stato vinto dalla svizzera Sandra Phillips, che ha proposta una visione del futuro in cui auto autonome, trasporto pubblico e car sharing si integrano alla perfezione rivoluzionando la mobilità. Una proposta forse meno sorprendente delle altre, ma di certo sulla quale è possibile lavorare da subito. Del resto, chi non vorrebbe disporre di sistemi di trasporto come quelli anticipati dalla Phillips, dove macchine perfettamente sicure porteranno da sole i nostri figli a scuola, oppure dispenseranno le persone più anziane dal rischio di guidare senza farli rinunciare a spostarsi?

Le auto non sono quindi più status symbol o splendidi “giocattoli” con cui divorare la strada e assaporare i piaceri della guida, ma veri e propri ambienti multifunzionali e iperconnessi in movimento. Mezzi di trasporto progettati intorno agli usi più diversi, elettrici ed eco-compatibili, gestiti in piena sicurezza da intelligenze artificiali sempre più avanzate, autonomi in ogni aspetto, quasi trasparenti. “Contenitori” che si muoveranno come uno sciame ordinato, lunghe le strade senza ormai più traffico delle nostre città finalmente intelligenti.

Quella che fino a ieri era solo fantascienza, oggi inizia a sembrare davvero possibile.

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